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Abbracci e presentazioni

Questa mattina ho fatto colazione con un bicchiere di latte e tre Abbracci. Mentre pucciavo i biscotti nel latte e li portavo rapidamente alla bocca, ho avuto una rivelazione: iniziamo a mandare in rovina il mondo quotidianamente, compiendo un’azione così banale come fare colazione. Eh sì, perchè quando mordi il biscotto (non importa se inizi dalla parte alla panna o da quella al cacao) spezzi un “Abbraccio”, gesto di fratellanza, rovini quel magico connubio di sapori, quello che le pubblicità ti vendono come un simbolo di amore per farti sentire meglio, in pace con te stesso e con il resto dell’umanità. In realtà ti portano inconsciamente a compiere un gesto di crudeltà: al mattino cominci con dei biscotti, chissà durante il resto della giornata cosa combinerai! Altro che la felice famigliola del Mulino Bianco!
Per non parlare poi di quella frase emblematica riportata sulla confezione: “Nessuno seppe mai se fu il cacao ad abbracciare la panna o viceversa”. Dubbi amletici che ti distraggono continuamente, che ti privano della tua preziosa concentrazione, che non ti fanno dormire la notte, che ti mandano in paranoia, della serie: “E’ nato prima l’uovo o la gallina?”.

Qualche giorno fa sentivo una persona ritenere più validi coloro che scrivono e poi, nella vita reale, mettono davvero in pratica le loro idee, i loro pensieri, senza tirarsi indietro come conigli. Credo certamente che sia un comportamento dignitoso e lodevole da parte loro, ma ci tengo a difendere quelli che, invece, sono un po’ più titubanti. Io, d’altronde, faccio parte della seconda categoria. Per me, la realtà è molto più complicata di un chiaro, limpido e fedele foglio di carta. Perciò riesco a dominare quest’ultimo molto meglio, con la conseguenza di apparire, in qualità di “scrittrice”, una persona completamente diversa da quella che si incontra nella vita concreta. Non è una questione di falsità o di incoerenza, sia chiaro. Alcuni hanno definito questa mia situazione uno sdoppiamento di personalità. Fatto sta che attraverso la scrittura riesco ad entrare in un’altra dimensione, in una sorta di universo parallelo in cui un’altra me (o forse la vera me stessa) riesce a far sentire la sua voce, a far valere le sue idee e non si fa prendere da angosce infondate. Ciò che scrivo non sono prese in giro, non sono i soliti discorsetti retorici per avere la coscienza pulita. La scrittura, per me, è un passatempo catartico; ogni parola, ogni frase che trasporto dalla mia mente al foglio attraverso l’inchiostro mi fa crescere e mi stimola a cercare di capire chi sono veramente. Se lo sapessi già, forse non sentirei questa necessità.
Martina2.0 (o “martinaduepuntozero”) è tutto questo, è quella parte di me sicura di sè, di quello che pensa e che, in qualche modo, riesce a trasmettere un messaggio, lasciando da parte la timidezza (che, quando è in eccesso, crea qualche inconveniente).

“Chi vuole sapere di più su di me, cioè sull’artista, l’unico che vale la pena di conoscere, osservi attentamente i miei dipinti per rintracciarvi chi sono e cosa voglio.” (Gustav Klimt)

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